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domenica 10 gennaio 2010

Incontro di una calda notte di fine estate (racconto erotico trovato in rete).

«Devo assentarmi per pulire le gavette dopo cena?» le sussurrai maliziosamente all’orecchio.
«Ti va?» mi rispose in un bisbiglio senza staccare gli occhi di dosso al ragazzo che divideva con noi lo stretto spazio della baita alpina.
«Mi va se va a te. Ho notato che continui a fissarlo da quando siamo arrivati».
«D’accordo, dopo cena vai pure a pulire posate e pentola e portati dietro il cellulare.»
«Ti bastano quindici minuti?»
«Facciamo venti se non ti secca, tesoro».
«Assolutamente, lo sai che mi piace farti contenta » e la baciai sul collo.
La baita era accogliente: interno in legno, tre brandine a castello, un tavolaccio in legno al centro della stanza ed un delizioso caminetto, sapientemente acceso prima del tramonto dal nostro temporaneo “coinquilino”. Era un abitudinario del posto, così ci raccontò durante la cena, veniva sempre lassù un weekend al mese per rilassarsi e staccare da tutto. Un ragazzo simpatico sui trent’anni, dal fisico asciutto, moro, come piacciono a Serena. Dopo aver piacevolmente conversato davanti ad una tazza di caffè liofilizzato, quando reputai che, data l’ora tarda, nessun escursionista sarebbe più giunto a disturbare la nostra privacy a tre, mi stiracchiai ed esclamai, forse un po’ troppo pomposamente: «Beh, vado al ruscello a lavare gavette e pentola prima che si attacchi tutto sul fondo. Tu resta pure qui al calduccio tesoro e preparati per la notte, ci metterò una ventina di minuti» Raccolsi posate, gavette, e pentola. Presi cellulare e torcia e pensai che avevo impostato un po’ troppo la voce perché Serena ridacchiava. Convenni tra me e me che in passato avevo certamente fatto interpretazioni assai migliori, pazienza. Sistemai i nostri zaini accostandoli alla parte dirimpetto alle brande e lasciai Serena seduta nella brandina inferiore con indosso pantaloncini e scarponi da trekking, sperando in cuor mio di vederla di lì a poco completamente nuda. Il ragazzo invece era accanto al fuoco intento a curarne la scoppiettante ed allegra fiamma. Uscii badando bene di accostare lo scuro della porta lasciando però un’ampia fessura da cui poter sbirciare. Serena era tranquilla: lo sapeva benissimo che sarei stato lì fuori a far il guardone fino a quando la situazione non avesse preso piede.
«Beh» esordì la mia ragazza con noncuranza «io mi cambio per la notte, non ti disturbo vero?».
«Oh no» rispose il ragazzo «ora esco così ti lascio un po’ di privacy».
«Ma no, no. Non serve figurati, farò presto e poi fuori fa freddo e se si spegne il fuoco non saprei ravvivarlo. Resta pure, davvero.»
«Ok» lo sentii dire con una punta d’imbarazzo.
Serena, maliziosa, iniziò col togliersi gli scarponi, poi si sfilò i pantaloncini di jeans, che indossa sempre quando andiamo a camminare, mettendo in mostra le sue bellissime gambe. Il ragazzo cercava di rimanere con lo sguardo sul fuoco, ma si vedeva che faceva fatica a non ammirarle. Serena come assorta ed incurante della presenza maschile iniziò a parlare tra sé «accidenti ho gli slip che sono ancora bagnati di sudore» si alzo in piedi e, dando le spalle al fuoco, se li sfilò con fare assolutamente normale ed innocente. Il ragazzo aveva gli occhi fuori dalle orbite, in imbarazzato silenzio fissava il culo e le gambe di Serena ed io sentii che parecchio sangue veniva richiamato nel mio basso ventre ed in questo mi sentii accomunato al maschio che fissava le forme della mia ragazza.
«Ma dove avrà messo il sacchetto con la biancheria di ricambio?!» sbuffò Serena. «Vediamo nello zaino con i viveri».
Fece un paio di passi e, girandosi per stare sempre con la schiena al fuoco, si mise, a gambe socchiuse e piegata a novanta, a rovistare negli zaini. Serena metteva in mostra tutta la sua femminilità regalandola agli sguardi ormai lascivi del maschio.
Io avevo un erezione spaventosa. “Se non le salta addosso ora o è gay o è scemo” pensai.
Serena ondeggiava il bacino continuando a rovistare nello zaino ed incurante di tutto, come se fosse completamente sola.
Alla fine, scuotendosi, il ragazzo si alzo e disse: «Posso darti una mano?»
«Grazie, grazie» cinguettò Serena facendo un sacco di moine «non riesco a trovare le mutandine».
Toccò a me allora sogghignare pensando che avremmo dovuto entrambi fare un corso di recitazione: nelle nostre performance teatrali eravamo veramente due cani.
Decisi di lasciarli veramente un po’ da soli, dopotutto le stoviglie dovevano pur essere lavate no? Così diedi un’ultima occhiata: il ragazzo le cingeva la vita e la baciava appassionatamente. Poi lentamente, per non svelare la mia presenza, mi allontanai verso la sorgente a poche decine di metri. Faceva freddo lì fuori, ma avevo un caldo infernale nei pantaloni e lì per lì mi venne la voglia di farmi una sega pensando al montone dentro la baita che si stava scopando la mia ragazza.
L’acqua gelida che mi intirizziva le dita mi calmò i bollori e mi misi a lavare diligentemente le stoviglie assaporando gli odori di vegetazione umida portati dal vento notturno. Mi risvegliò dall’incanto l’improvviso trillo del cellulare. Infilai la mano umida in tasca ed accettai la chiamata che veniva dal cellulare di Serena.
«Pronto…tutto ok lì?»
«Si amore» disse lei con una voce rotta dai gemiti «dove sei? fuori della baita?»
«No alla sorgente ho appena finito di lavare tutto… posso rientrare o devo darti ancora qualche minuto?»
«Eh, vera… mente qui la cosa… va un po’ per le lunghe. Ahaaaa aha… scusa e che mi sta pompando per bene…. Uhuuuuummmm »
«Sento, sento» e subito il cazzo mi si rizzò dolorosamente dentro i pantaloni.
«Amore, ero preoccupata che non… ah ti pren…dessi un malanno col freddo là fuori. Dai rien….uhuuuuuuu…rientra che gli ho già spiegato la situ…azione. Ti metti in un angolino buono buono intanto che finiamo, ok?»
«ok» dissi semplicemente e, prima che si chiudesse la comunicazione, sentii ancora la voce distante di Serena esortare il montone: «Spingi più forte porco, spin…»
Si stava divertendo alla grande insomma e ne fui lieto. Raccolsi tutte le stoviglie e mi diressi rapidamente verso la baita facendo attenzione a dove mettevo i piedi. Da quel punto si vedeva tutta la vallata: una nera e buia coperta adagiata tra i monti, trapuntata di chiazze luminose dove sorgevano i paesetti alpini.
Aprii la porta pian piano. Serena era sul tavolo, appoggiata sulla schiena, gambe aperte, completamente nuda a parte i calzini di lana bianca arrotolati fin alla caviglia e la camiciotta felpata azzurrina tirata su fin sul mento. Le mani del ragazzo le strizzavano i seni mentre, in piedi davanti al tavolaccio, con il duro cazzo infilato tra la sua morbida carne la scopava forsennatamente.
La sbatteva incurante della mia presenza ed io mi sporsi per vedere se indossava il preservativo, unica mia preoccupazione. Inutile peraltro conoscendo bene l’intransigenza di Serena su questo punto: solo io la potevo penetrare senza protezione.
Mi accostai al tavolaccio e prendendola per mano le sussurrai: «Tutto a posto amore?»
Tra i gemiti riuscì a dirmi «Si, si, tutto… ok amoreeeeeee».
Il ragazzo stantuffava sempre più forte, come invasato e lei rantolava sempre più rauca «Succhiami le tette, amore!… Cosììììì».
Servo e schiavo del suo piacere, le presi tra le labbra un capezzolo duro ed iniziai a succhiare dolcemente mentre con una mano le strizzavo l’altro.
Iniziò ad avere orgasmi plurimi e a muovere scompostamente il bacino per godere maggiormente.
Andammo avanti per un bel po’ su questo tenore, poi il ragazzo rantolò dando delle spinte poderose, infine si accasciò sul corpo di lei, segno inequivocabile che era venuto. Estrasse il cazzo ancora turgido col preservativo pieno di sperma che penzolava e tirandosi su i pantaloni andò ansante fuori della baita a riprendere fiato.
Serena non era ancora sazia ed io non resistevo più all’eccitazione dello spettacolo che mi ero goduto. Volevo svuotarmi dentro quel caldo corpo fremente. L’idea di averla dopo che era stata posseduta da un altro maschio sotto i miei occhi, mi faceva delirare dall’eccitazione. Mi calai i pantaloni lo tirai fuori e la inforcai scopandola con foga. Dopo pochi colpi le sborrai dentro tutto il mio desiderio e mi piegai su di lei per un lungo, tenero, amoroso bacio.
Ci rivestimmo con cura e ci sdraiammo nella stessa branda. Volevamo stare vicini anche a costo di stare scomodi per riconfermarci l’appartenenza l’uno all’altra.
Il ragazzo, rientrato, si sistemò nella branda più alta. Ci augurò la buonanotte ringraziandoci di cuore.
Serena ed io dormimmo teneramente abbracciati sino all’alba.

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